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30 aprile, compilare le presenze mensili
Cacchina storna, la rete cade sempre quando serve veramente, sempre
quando è in pubblicazione un cliente importante. C'è in
giro anche questa che adesso sembra un'influenza strana, la gente muore
per il mondo, allarme in diversi interi stati. Passa un cinese o coreano
e io trattengo il respiro, non si sa mai. E' da quando sono tornato
da Roma, che il mio intestino fa tanta aria, e una cacchina nera e molto
puzzolente. Tengo a tre mani questo filo rosso che sembra sottilissimo,
e ci metto ventiminuti per centrare la cruna.
L 'aria del venerdì in ufficio, aspettando il tuo treno.
ricordi?
lunedì 28 aprile, Parma, Provincia
una persona illuminata fotografata all'inizio della
sua scalata,
quando quasi nessuno ancora immagina che fra un anno sarà sulla
cima.
un amore tenuto per i capelli.
una società che cambia, come non si immagina, mentre capiamo
di
essere noi i motori del cambiamento.
* tenere vivo questo filo rosso.
22
quelle vesciche di maiale gonfie sono ancora lì, a farsi fotografare.
Riconoscibili.
Immobili nelle mie, come nelle foto di fotografi famosi, chiamati, pagati,
per fare belle foto, ad un posto inutile da fotografare. Una parola
scritta con l'impegno, con la dedizione quasi morbosa della follia.
e quello che lascia il segno, quello che vale la pena non sono le mille
scarpe, o i cento martelli. è l'aria che sa di vecchio, la polvere
nascosta tra le pieghe ed i tagli del legno, i mattoni imbiancati ed
i tetti incrinati. L'idea d'andare in campagna, un casolare sulla schiena
di una collina.
venerdì 18 aprile 2003
questi cazzo di film trendy, la paura di dire le cose, l'ascendente.
c'era la luna grande ieri sera, c'è stato un momento della sera
in cui se avessi dormito... si lo so, mi sarei completamente riposato,
dormito talmente perfettamente da non aver piu bisogno di dormire fino
alla fine del tempo. e invece no, e invece c'era quel film da vedere,
c'era lei li fra le mie braccia, c'era il gelato da andare a prendere
alle undici di notte. alle undici di notte la luna era gialla ed enorme
appesa sul buio, aveva ali nere lucenti e abbracciava tabiano, le sue
luci gialle del parco. il parco di tabiano mi guardava fra gli alberi
sul lungo della strada, passare assonnato. mentre sorridevo, pensando
a oggi ed a ieri. anche se lei mi sembrava distante, anche se ormai
imparo a diffidare delle sensazioni leggere. stamattina quei sogni nel
letto sprofondavo, e mi svegliavo col collo di pietra, e lei accanto
da baciare come qualcosa di lontano, baciare un corpo caldo senza l'anima
veglia.
lascio quel corpo, ciao amore, - ciao.
macchina 130 sulla strada di campagna, niente paura, niente pensieri
a quello che potrei perdere. stazione sorpresa appena arrivo il treno
parte, sorpresa c'è l'interregionale in ritardo, sorpresa c'è
alle sul binario, e sono agitato, teso, ho paura di dire cazzate, ho
paura di chiedere, ho paura di parlare ho paura di sentirmi in imbarazzo
cosi, come non mi sentivo da una vita. Sembra sia rimasta una delle
poche persone ancora in grado di farmi sentire cosi. Quindi è
raro, quindi andrebbe tenuto stretto. Parliamo anche di quel film, quello
trendy che mi ha lasciato andare a letto cosi vagamente triste ed incazzato,
è interessato, mi parla dell'allegoria nel finale, dissimula
l'interesse, parliamo di musica ha gusti decisi sembra, io ho paura
di raccontare i miei, paura di non essere accettato per quello che mi
è piaciuto, cerco conferma nel suo sguardo dopo ogni mia parola,
lui è addormentato, superiore. irraggiungibile.
e siamo gia a due oggi.
tutti mi hanno augurato buona pasqua, ho risposto a fatica.
16 aprile, ancora guerra
C'è qualcosa che non capisco, c'è sempre.
Capisci quel qualcosa.
15 aprile, martedì, giorno tranquillo
c'è ancora questo sonno, gli occhi quando si chiudono fan fatica
a riaprirsi. e quando si riaprono, tutto è blu, il monitor verde,
le pareti dell'ufficio azzurre, o verde mare. la terra gira tranquilla
mentre noi facciamo le solite guerre in casa e fuori. fra parenti e
a sconosciuti. le bugie si confondono con le invenzioni, la realtà
diventa azzurra, o verde mare.
sono rarefatto e respiro poco, come mi nascondessi dai miei mostri.
sono scappato? sono salvo?
durante queste ore sono come immobile, laccato e profumato, col mal
di schiena ansimo leggero, senza disturbare, ho nelle orecchie la mia
musica, non faccio neanche tanto casino su internet, anzi, sto di lato,
sto invisibile e tranquillo. quasi. linko e leggo qualcuno che prima
o poi si accorgerà, troverà queste parole e non capirà,
non avrà un'email a cui rispondere, dovrà usare solo un
po d'ingegno per trovarmi. adesso infilo nella mia bocca quel gran pezzo
di torta morbida e spugnosa, dolce e gialla.
io, io sono tranquillo, con quello che è successo ieri sera,
l'amore dico, potrei solo essere tranquillo oggi. l'amore dico. e non
so con quali parole, o con quali occhi l'ho guardata, ma mi ha detto
quelle parole alla fine. "con te è come se non..."
scusa puoi ripetere?
so cosa, vuoi, vuoi essere adulato...
non puoi adularmi ancora un po?
forse è la prima volta in quattro mesi che mi dice così
quanto le è piaciuto. quanto è stato speciale, unico,
stavolta. sarà che c'era la musica, sarà che con la musica
è tutto più facile. Chissà se per me userà
mai la sua musica mai usata. non mi importa, mi importa di poco.
qualche ora dopo
adoro fare le cose senza essere completamente sicuro. qualsiasi cosa.
Lunedì 14 aprile
Ci siamo tutti legati fra queste macchine, a distanza percorribile occasionalmente.
Ognuno di noi ha un angolo di spazio virtuale, e un buco di spazio reale.
Lei, lei ha scelto di condividere quello reale con me, io, io ho accettato
d'amarla.
Oggi amici lontani si dimenticano della nebbia, si svegliano al mattino
e parlano o mangiano, magari lavorano per tutto il giorno. Alcuni si
stancano, altri cercano conferme. Io disegno per dimenticare o per ricordare.
ieri sera, nel nostro angolo reale, sul letto arancione per definizione
condiviso. io in pancione mani incrociate sotto al mento, lei di schiena
sulla mia schiena, leggeva il suo diario del nove dicembre: il giorno
dopo. prima io leggevo le mie di memorie, e ridevo dentro e un
po fuori, guardavo i suoi occhi un po accesi un po addormentati, e la
lasciavo gattonare sinuosa sulla mia bocca. quando due sorrisi si baciano,
qualcosa succede.
Venerdì 11 aprile,
grande giornata ieri. gli amici veri si vedono nel momento
del bisogno, è una immensa verità. e io ieri avevo bisogno
e di amici in casa me ne sono trovato due.
Giovedì 10 aprile, capolavoro
ognuno lo chiama come vuole, un capolavoro per un musicofilo,
un'epifania per joyce, o il sole che esce dalle nuvole per quelli che
come me, ci piacciono le immagini.
magari si nasconde dietro al sorriso di una sconosciuta, o dietro al
caso che mi fa scoprire in una viuzza un negozietto con la vetrina tutta
strana che mi dice "hey, qui c'è qualcosa per te".
Oppure scoprire che l'altro ieri, anniversario della morte di Kurt Cobain,
e ascolto In Utero allora, e capolavoro è tutto quello che so
dire, visto che un po musicofilo lo sono.
e il mal di collo è un colpo ritmico in un attimo.
e i brutti ricordi sono nuvolette di fumo,
e i colori sembrano ancora intensi, e magari
magari c'è qualcuno...
qualcuno che mi...
dolcezza, ricorre le persone, si gira con loro, sentendo un nome familiare,
per la strada, mentre i giovani si baciano sotto un ombrello, all'ombra
di tre scalini, d'un portichetto, d'un palazzo qualsiasi, vicino ad
un negozio di videocassette, con una vetrina tutta strana, che mi dice
"hey, vieni dentro".
e io che ho imparato ad ascoltare quella strana vibrazione, che mi fa
capire quando una musica è giustissima per questo momento che
vivo, o che in quella stradina non ci sono mai passato prima, e forse
oggi, anche se piove vale la pena, di farmi un giro, per una stradina
che non avevo mai visto.
e allora, posso tirare fuori con forza dalle tasche una voglia antica,
e dico "voglio quarto potere di welles, da comprare, cel'hai?".
lei smacchina sul computer, e io ho il tempo di voltarmi girare la faccia,
e pensare
"hey, ma questo negozio è ancora più bello e strano
dentro" quante copertine di film, cose dall'aria famosa e dimenticata,
sotto una luce rossastra come in un film, famoso e dimenticato, dove
un giovane entra per caso in un negozietto su una strada che fa tutti
i giorni, che non aveva mai visto prima.
Quarto potere non cel'ho, in videocassetta. solo dvd.
e io sono immancabilmente e sinceramente triste. porca vacca. io non
ho nessun lettore dvd in tutta la mia nuova casina. Se vuoi te lo posso
affittare mi dice, la videocassetta da affittare cel'ho.
e io timido e un po schifato per i ricordi nelle mie parole e nella
mia mente chiedo "mi devo... iscrivere?"
no, basta che lasci nome e cognome. cel'hai la carta d'identità?
allora compilo un modulo scritto con word, e scrivo il mio nome nelle
righe fatte con l'underscore, e sopra c'è scritto che io lascio
trattare i miei dati personali, per statistiche, e porcate del nuovo
secolo. firmo. una firma di uno che s'è fatto tutta via Bixio
sotto la pioggia al freddo portando un panino in un sacchetto, un panino
che si bacia con una crostatina alla pesca, in un sacchetto bianco di
carta.
quel panino, di fianco alla crostatina, nella busta bianca di carta
è appoggiato su uno sgabello di pelle, nera, e acciaio, quattro
tubi che vanno fino al pavimento rosso. a pochi centimetri un bancone
con tante carpette trasparenti in belle pile, tutte di altezza diversa,
dall'aspetto antico, che sembra ci abbiano messo tutto l'impegno del
mondo per sistemare tutta quella roba in quel modo, cosi comodamente
consultabile, che se non fossi un po umido e con la fame magari gli
darei anche una guardata.
finita la mia registrazione, mentre i miei pensieri corrono fra il pavimento
rosso e le pareti piene di bei poster, e le scansie piene di bei film,
chiedo "avete un catalogo?" beh no, ci sono novemila film,
però sono tutti qua dentro, ci sono anche le copertine, vedi?
mi indica l'archivio orizzontale di carpette di plastica in pile dall'altezza
diversa.
capisco.
adesso vado, questa è la tua cassetta, sono tre euro e quindici,
hai i quindici, no ho cinquanta, vanno bene lo stesso, il tuo resto,
la tua cassetta, hai tempo fino a sabato a mezzanotte, noi siamo qui
tutto il giorno. prima di andare,
mi presento, Ciao, le stringo la mano, piacere, Simone, Alessia. mi
sorride e ha una bella stretta strana ma bella, riempie la mia mano
di traverso, e sono felice di conoscerla, e nei suoi occhi altrettanto.
mentre esco mi saluta, ciao! ciao, la risaluto.
sono un po ingobbito dalle preoccupazioni e dalle paure, ma esco con
lo stile della sincerità, tuttosommato. immagino e penso, mentre
torno in ufficio col mio panino, la mia crostatina e la mia cassetta,
continuando per la strada che non ho mai fatto, notando i giovani che
escono dalle scuole, notando le macchine che contengono altri giovani
e genitori. notando due ragazzi sotto un ombrello bianco che forse si
baciano sugli scalini di un palazzo, del continuo, della strada che
non avevo mai fatto.
li davanti c'è ancora l'uffico, rientro in una strada familiare.
i negozi sono chiusi, e più cammino più le macchine scemano.
rientro in ufficio mentre mangio il panino, dico "che bella la
vita, c'è un negozio di videocassette fighissimo su via bixio"
si, dice Cri, è stranissimo. non lo conoscevi? no. mangio il
mio panino.
forse la focaccia è un po vecchia. quando ho finito mi stendo
sulla sedia rossa e nera, e ascolto In Utero. e dopo i primi dieci secondi
della prima canzone, posso pensare solo "capolavoro" e io...
che i nirvana non li avevo mai ascoltati.
Parma, 9 aprile mercoledì,
(sedici ore dopo)
mi chiamava disperata, non riesco a dormire, tu mi fai impazzire.
non riesco a fare più niente e tu sei la causa di tutti i miei
problemi. e allora è qua che ti voglio. è qui che serve
lasciarsi far male. è qui che serve capire i problemi dell'altro.
io ero andato a letto, con la certezza che lei avesse fatto un passo
gigante, riconoscendo il fatto che lei avesse potuto farmi male. la
consapevolezza che lei chiede in me. qualcosa è cambiato, qualcosa
abbiamo capito. oggi comincia un altro telegrafico giorno
12.31
mi sento propriamente un lemming, o un peone di warcraft. cioè
scariolo dati da una parte all'altra dello schermo, e le mie mani sono
due pixel verdini, e la mia testa quattro pixel sfocati. il mio corpo
è sproporzionato, superdeformed, la parola giusta. l'aria è
leggera, come al solito quando hai il tempo di notarla, questo tempo
mi fa ridere, e dalle tensioni di ieri nascono fiorellini blu, dei nuovi
giorni che sbocciano e che vanno avanti.
con due palle rotanti di mazzinga in culo, e col cazzo di angus che
stride sui denti, che ridono.
Parma 3 aprire, giovedì
Pioggia d'aprile
Continuano questi giorni. a metà tra i brividi
e gli abbracci.
anche se esco di casa, e vorrei rimanere. anche se mi dici ti manca
più il letto di me. e magari continuiamo a non accorgerci, di
qualcosa, qualcosa.
tenerti le mani è tutto quello che vorrei stamattina, stamattina.
è una storia che si ripete, dall'inizio dei tempi, e a vederla
succedere siamo noi.
mi riaddormento, ad occhi aperti. e smetto di sognare.
note
non vendere quello che ho di più caro.
non vendere arte, l'arte non ha prezzo.
e se deve averlo, dev'essere pagato da tutti.
premonizioni
quella volta, quella volta avrei dovuto pensare meglio.
quella volta quando mi hanno detto "siamo in una società
dinamica"
"non è più come una volta, lavoro fisso e vai tranquillo
per una vita" "dovrete essere preparati a cambiare lavoro
in continuazione"
e quella che sembrava fantascienza raccontata da un'antica maestra delle
elementari, oggi diventa una profezia. oggi è una profezia. oggi
le mie budella si rivoltano, perchè vogliono sicurezza. vogliono
un amore sicuro.
vogliono un lavoro sicuro, quattro mura sicure.
mentre la casa in cui ho scelto di abitare, la casa dove abitiamo io
e lei, ha delle crepe tutte nuove e quando piove la collina alle spalle
spinge. e frana, questo mio lavoro: "sai, credo che sia possibile
assumerti, dovresti chiedere al capo, è lui che sa tutto, in
generale credo dipenda dalla condizione dell'azienda. cioè se
riusciamo ad essere tutti più produttivi, ci sono più
possibilità. cioè l'azienda cresce".
e l'amore, l'amore è a casa che mi aspetta. nella casa che crolla,
sotto le voci delle mie maestre elementari, sotto il velo della nebbia,
delle mie colline.
la mia casa. la mia donna.
questa mia musica che ho scelto di ascoltare.
non so, essere più incazzato, deluso o commiserante, per questa
società, per questo anche mio modo d'essere.
per questo nostro essere schiavi consapevoli, del denaro, e delle nostre
volontà in scatola,
dei nostri piaceri addizionati di coloranti, del nostro mai domo, bisogno
d'amore, d'approvazione.
mi chiedo quanto dureremo ancora, quanto durerà il mio amore,
il mio lavoro,
quanto durerà questa società modernamente democratica,
dove il popolo è costantemente drogato, dove io accetto d'essere
drogato.
dove trovo al mercato conoscenza ed oppio, cocacola e fiducia.
e tutto è costantemente in discussione, nella mia testa come
fuori.
tutto tranne i sentimenti. i sentimenti lasciati nelle scansie dei poveri,
i sentimenti demonizzati, i sentimenti che solo a sentire la parola
sentimento dici questo qui non è credibile, mente magari mangi
yogurt e pretendi di fare l'amore col sapore, e mangi e mangi.
mangi e ti droghi di quel piccolo piacere del tuo denaro, guadagnato
vendendo pezzetti d'anima, da scambiare con yogurt.
Parma 2 aprile, mercoledì
l'aria è colorata. In mezzo al traffico, un'ora
in macchina. E l'aria continua ad essere profumata, e mi fermo, e mangio
un panino con la cotoletta e una fetta di crudo, e una coca piccola.
Guado fuori le macchine in fila, so che tra qualche minuto sarò
di nuovo in fila anche io. Penso che a casa c'è lei che mi aspetta.
L'aria è colorata dentro.
La macchina si ferma, scendo c'è il vento forte forte che passa
sulla giacca di pelle, e spero strappi gli ultimi granelli di cacao
e zucchero. E oggi mi sono svegliato a mezzogiorno, mezzogiorno di mercoledì,
mi hai svegliato tu, e abbiamo fatto l'amore, come se non l'avessimo
mai fatto, come se non fosse per niente scontato. E' quasi una settimana
a non essere scontato, eppure. e mi sono svegliato a mezzogiorno, mezzogiorno
di mercoledì, ho fatto qualcosa in casa, pulito qualcosa, e poi
ti ho baciata mentre pulivi il tappeto con l'aspirapolvere, e poi ho
preso la macchina, e mi sono lanciato giù per la collina, giù
per la collina. E la macchina andava tranquilla in riserva, tranquilla
macinava, con me sopra a guidare con una mano, e con l'altra cercavo
uno straccio di fazzoletto per questo naso che cola, che è una
settimana che cola, e se potesse continuare cosi il mio tempo, così
i miei giorni, io lo terrei sempre il naso irritato. farei un pacco
regalo ogni anno, al mio naso irritato, come alle tue gambe irritate,
che poi non parlo di gambe e lo sappiamo tutti e due. e va bene così.
va bene togliere un tappo, grattare il detersivo incrostato nella vaschetta
che togliamo in due, dalla testa della lavatrice ubriaca e anziana.
va bene ascoltare i Cult, va bene che Alle sia ancora fiacco, va bene
l'ufficio che sembra immerso nel cotone colorato, pieni tutti di cerotti
colorati sulle bocche addormentate, sui cuori accorati, sui cori assopiti
delle risate strappate, ai giorni felici, ai giorni in cui tutti sono
felici, e non lo sanno.
e quando mi accorgo, quando guardo la mia felicità negli occhi,
e poi godo. e già che ci siamo anche lei poco dopo gode, e si
accorge di guardare la sua, di felicità negli occhi. allora quello
che resta per domani, la nostra promessa è un abbraccio. un dolce
al cioccolato comprato in una viuzza, un altro abbraccio strappato al
tempo, mentre le macchine passano, e in mano hai la torta al cioccolato,
e a me viene voglia di fare l'amore.
la macchina la grande macchina macina e pulsa, pompa calore e colore,
pompa aria e calore.
la macchina, la grande grande macchina mi spinge, ci spinge.
le nostre voci si mescolano al rumore, le nostre voci restano striscie
di cacao nel latte, e tutto si mescola, la macchina mescola tutto, e
noi rimaniamo sdraiati, nel nostro letto blu, e il gatto nero aspetta
fuori la porta, aspetta.
e noi restiamo, restiamo, restiamo.
abbracciati.
io dimentico il mio dolore, il mio dolore perde colore, il mio dolore
si spegne.
e guardo il giorno con occhi diversi, e non mi pento, non mi pento più.
sento il mio collo scricchiolare al rumore della musica, al colore al
calore, di questo vento invernale che si mescola all'estate, al verde
acceso delle foglie che stanno nascendo, all'erba appena tagliata, all'erba
che cresce tra i sassi.
Il vento si mescola, ai nostri desideri leggeri.
il tempo della speranza, i tempi morti, il tempo per correre e dimagrire,
sognare, o scoreggiare.
il tempo con te, il tempo senza, i tasti che corrono, le idee che si
mescolano, si appoggiano a terra aspettano d'essere raccolte, e ci aiutiamo
a raccogliere, le nostre cartaccie, ci aiutiamo a pulire i nostri jeans
stamattina, a trovare il programma per una lavatrice, a dirci che ci
vogliamo bene, non è facile trovare l'oggi, in mezzo a tutti
gli oggi possibili.
non è facile smettere di pensare ai programmi, al domani che
non arriva, ai sogni disperati, senza base, senza forma.
io trovo, grazie dio, nell'oggi un nuovo oggi. nella tastiera un nuovo
perchè, un'altra domanda.
e un'altra musica.
16:38 2 aprile 2003.
Parma 1 aprile 2003 ore 09.30
oggi sarà anche un altro giorno, ma le
paure sono come quelle di ieri
anche il suo blog resta, e io sempre assente, o mai
presente, potesse cambiare qualcosa.
e anche le sue, paure, sono sempre quelle vecchie. forse tutti i giorni
entrambi vinciamo una battaglia, e in ogni caso, anche ieri siamo rimasti
assieme, paure a parte.
è una vacanza surreale questo martedì, di ricordi, fra
la nebbia.
1 aprile 2003
Trasferta
Sono partita lo stesso. Simo è sceso per fare il viaggio con
me. Ho caricato le mie cose in auto, Pizia compresa, e in cinque ore
eravamo sù. Qui non c'è il sole di Roma. La primavera
rimane nascosta dietro questo cielo velato e umido, ed io la aspetto
guardando spesso fuori dalla finestra. La sera fra le colline c'è
un silenzio totale. Mi farà bene starmene qui per un po'.
La mattina sono sola, ma è una casa piena di libri, oggetti e
ricordi, non ti senti mai davvero sola. Il pomeriggio poi torna Silvia
da scuola, e a volte di sera c'è la mamma.
Ci siamo sistemati il nostro bagno. Le ginestre che ho messo in un bicchiere
profumano. Pizia ha trovato i suoi spazi e sta sempre per i fatti suoi.
Fra qualche giorno proverò a farla uscire nel giardinetto qui
davanti. Poi magari una domenica pomeriggio togliamo le erbacce e ci
mettiamo due sdraio.
quasi pomeriggio
bastava aspettare qualche ora penso, qualche ora per rivedere il sole
fuori.
un'ora di fiducia in più. un'ora di fiducia che manca e mi fa
ri innamorare di te tutte le volte.
tutte le volte.
sera
muro di noia. Perchè dovrebbe essere una bella giornata?
eppure, c'è ancora un sospiro, uno straccio, una lampadina di
sole, appena scalda. E camminare sulla stradicciola di cemento, e respirare,
servirà ancora. Le piante mi hanno ascoltato, hanno ascoltato
il mio piccolo io implorare pietà, e hanno sputato le foglioline
verdi. E stamattina mi sembrava di respirare meglio, stamattina mentre
portavo i fogli in giro per Parma ed arrivavo in ufficio camminando.
In treno ho scritto poche righe lottando contro il sonno, solo l'odore
della sua pelle, adesso mi tiene sveglio. I tempi si rincorrono, piove
noia, piovono parole difficili, e mi sembra di lottare, con grinta contro
questa "cosa" che ritorna. Cosa che mi fa paura a chiamarla.
Cosa stai li che comincio a stare bene senza di te. Voglio anche un
divano, oltre alla sua pelle sul naso, un divano e togliermi queste
scarpe. e poi. poi potrò pensare a cos'altro mi manca per essere
felice. definitivamente.
e mi accorgerò della risposta nella domanda, nel tempo della
domanda. Alle è scappato a casa, stava male. L'altro Alle lascia
il gruppo, e si porta via il batterista. merda, via che si và
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