Piccolo Leonardo, che fa' i progetti di una vita in quindici
giorni, rivivendo passioni, morti e miracoli, accelerati,
in tempi brevissimi, che sembrano solo lunghissimi.
passione è quella che: stiamo in angoscia come
oggi,
a distanza interminabile, solo cinquecento chilometri,
- mica di più. il tempo di un colpo di testa,
il tempo di una fuga calcolata, il tempo di fare la
valigia, anzi, lo zaino. Il tempo di salutare amici,
non ci vediamo per qualche giorno, per qualche
giorno sono tutto suo. e poi là...
... e poi là dopo quei cinque minuti iniziali comincia
il bello: stadio di riflessione forzata, autoforzata,
le persone, gli incontri, la situazione che non è
quella casalinga eppure, dopo poco, quasi diventa
familiare. Quasi, perchè dopo ancora qualche tempo
torna Lei a galla, una nostalgia del verde, delle
siepi e delle campagne che hanno solo questo profumo,
che forse sento solo io, o forse noi, altri noi due,
altri noi della campagna invisibile, campagna con
le macchine, campagna nei sacchetti di plastica ma
sempre campagna, anzi Emilia.
Gatto alla finestra e se li sai immaginare galli e galline
nell'aia, se hai un'aia, se la tua aia non è fatta di
plastica, e se non devi stare attento ad attraversare.
eppure quel ritmo affettuoso, apprensivo e
tiepido delirante della vita in due, in città, che
sembra di essere in un campo di nemici, un campo
di battaglia dove solo la coppia è unita, solo
una coppia microscopica è un valore... invisibile
nelle
masse nomadi per un giorno, calda nel letto la sera,
perchè sì; la vita è dormire abbracciati.
Poi invece al mattino arriva il sole, e qualcuno
deve pur allontanarsi, a fare spesa, a fare colazione,
a fare in culo - a volte, a fare da lavorare, a fare
da mangiare, a fare al cinema che è sempre uguale.
Mica per la coda, che ormai quasi mi piace, quella
coda anche lei è familiare ormai se siamo in due,
e quella brutta disarmonia della discussione che
si spegne di colpo perchè stasera si esce, e non
c'è il tempo di discutere. e nel buio del cinema
una mano sfiora l'altra, e magari ci si da un bacio,
sempre al buio, e non importano più le mille parole
inutili, solo il caldo del bacio, l'amore ritrovato.
ecco dov'era finito, ce lo siamo dimenticato in cantina,
zac, tirato fuori, zac, sul piatto, zac, come il vino
rosso. zac come un pranzo a casa di una mamma, che è
sempre così, sempre così bello e un pizzico
imbarazzante, per sa dio la ragione, e i pranzi dai
papà, che uno c'è e l'altro è sempre in vacanza,
e se ne parla, tornati a casa, di entrambi i papà,
e ci si ricorda, di tutti e due, di quelli nuovi,
e di quelli da strappare dal pozzo del passato,
improvvisi come la macchina da scrivere, e il bisogno,
nostro, e i dolori a volte, e le risate altre che
non coprono più niente, ma donano senso, le risate.
donano senso.
le risate.
e cancelliamo e riscriviamo, e dai
segni sulla
carta si leggono parole, che lì restano, e
scopriamo a fatica, ma troviamo vie tra gli
istinti, di ricordi e bisogni passati da mangiare.
In macchina in questi giorni stono, e quando tengo
la nota esce fantastica, non come ronnie james, ma
non ancora forse, e non abbastanza, ma prima o poi,
ma prima o poi, anche una casa - avremo.